EVITARE IL PERICOLO DI PASSARE DA UNA CRISI ACUTA A UNA PATOLOGIA CRONICA
Per ora il danno inferto alle economie è importante, ma non fatale. Ma se da una crisi acuta, si passa a uno stato cronico di patologia, allora i danni potrebbero essere devastanti e definitivi. Per ora sembra che i mercati stiano prezzando un danno molto importante, ma temporaneo.
UNA RISPOSTA SANITARIA DIVERSIFICATA DA PAESE A PAESE ED LA NECESSITA' DI UNA RISPOSTA FINANZIARIA MAGGIORMENTE COORDINATA
Si va da quella cinese, di isolamento totale del focolaio, alla risposta dell’Europa comunitaria in ordine sparso, fino agli Stati Uniti d’America, dove il presidente ha lasciato sostanzialmente in mano il timone ai governatori. Queste azioni hanno creato stress sui mercati perché l’incertezza ha spinto molti a vendere asset rischiosi e riposizionarsi su obbligazionari o liquidità spicciola.
Queste risposte diverse daranno probabilmente risultati diversi. La cosa importante è che i risultati arrivino e si possano rimettere in moto le economie. Ma è cruciale che i danni inflitti non si prolunghino nel tempo fino a diventare permanenti. Gli indici di Borsa, da Wall Street a Francoforte fino a Milano, stanno prezzando una violentissima frenata, che determinerà una recessione altrettanto violenta nel secondo trimestre. L’importante è che sia breve e si possa arrivare a fine anno con economie in tenuta e in ripresa.
Gli interventi di politica monetaria e fiscale sono non solo necessari ma richiedono provvedimenti decisi e maggiormente coordinati.
OSSERVATI SPECIALI: ORO, COMMODITY (PETROLIO), T-BOND
Nelle prossime settimane dovremo proseguire una navigazione a vista, guidata più che dai dati macro e micro (tra poco cominciano ad arrivare le trimestrali), che tanto saranno pessimi ma sono già prezzati, piuttosto dagli indicatori “tecnici”. Ad esempio, i minimi dello S&P 500 del 23 marzo sono stati anticipati un paio di settimane prima da un rendimento del T-bond precipitato allo 0,31% e dall’oro che ha bucato al rialzo 1.700 dollari l’oncia. Oggi il primo viaggia in area 0,6% e il secondo poco sotto 1.650 dollari. Sono due livelli che vanno tenuti d’occhio perché potrebbero essere i classici ‘canarini nella miniera’. Un altro indicatore chiave è l’indice delle commodity, che sta toccando il livello su cui è rimbalzato dopo la caduta a picco seguita alla crisi del 2008. La componente più importante di questa classe di asset è ovviamente il petrolio, che ha recuperato quasi il 50% dalla puntata sotto i 20 dollari del 30 marzo, ma ai livelli di venerdì 3 aprile, il WTI a 29 dollari è ancora sotto del 54% rispetto a inizio anno.
Fonte: Financialounge.com
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