I PIR costituiscono una nuova forma di investimento, fiscalmente incentivato, prevista dalla Legge di Bilancio 2017, che si contestualizza in un mercato italiano del credito e del capitale caratterizzato da un preponderante ricorso al debito, pari al 90% delle risorse finanziarie a disposizione delle imprese. A pochi mesi dall’introduzione dei PIR si registrano, da gennaio 2017 a fine giugno 2018, poco meno di 19 miliardi di euro di masse in gestione e una raccolta di 14,4 miliardi.
Lo Studio presentato nelle scorse settimane da JeMe Bocconi, su iniziativa di Nctm Studio Legale e Deloitte, conferma che nei primi 18 mesi di vita, i numeri dei Piani Individuali di Risparmio superano di gran lunga anche le più rosee aspettative.Solo nel primo trimestre del 2017, Assogestioni registra una raccolta pari a 1,1 miliardi di euro, molto vicina all’obiettivo del governo per l’intero anno – pari a 1,8 miliardi di euro; mentre il terzo trimestre dell’anno termina con un bilancio totale di 7,54 miliardi di euro raccolti solo nei primi 9 mesi del 2017. Dopo il boom iniziale, gli investimenti nei piani individuali di risparmio dovrebbero proseguire a ritmi costanti, nonostante il leggero rallentamento del 2018. Il report mette in evidenza però una nota dolente. I pir possono dare origine a una bolla finanziaria sulle piccole e medie imprese se nei prossimi anni non continuerà ancora il flusso di nuove quotazioni sul mercato. In Italia c’è infatti un bacino di ben 9mila pmi che possono accedere ai listini azionari ma molte di loro spesso rinunciano a fare il grande passo.
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